Percorso


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Padre Carlo alla Bocconi

Padre Carlo è stato invitato a relazionare all'università Bocconi di Milano dalla Fondazione Roberto Franceschi il 30 settembre 2016 sull'immigrazione

 

Convegno: “Troppa accoglienza? I rifugiati e la coscienza europea”

venerdì 30 settembre 2016 – ore 9.00 – 13.00
Università Bocconi, Via Sarfatti 25 Milano – Aula Maggiore

 

Saluti iniziali

Marco Bonetti, Università Bocconi, direttore del Centro Dondena
Carlo Devillanova, Centro Dondena, Università Bocconi e Fondazione Roberto Franceschi

Un quadro del fenomeno

Maurizio Ambrosini, sociologo delle migrazioni – Università degli Studi di Milano
Tommaso Frattini, economista – Università degli Studi di Milano

Le esperienze di accoglienza a livello locale

Carlo D’Antoni, parroco di Bosco Minniti, Siracusa
Daniela Ghiringhelli, Farsi Prossimo Onlus
Pietro Massarotto, presidente Naga Onlus

Le politiche

Andrea Bellardinelli, Coordinatore Programma Italia Emergency
Daniela Di Capua, Direttrice del Servizio centrale dello SPRAR
Alessandra Morelli, Delegata dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)

Tavola rotonda e dibattito

Coordina:
Danilo De Biasio, giornalista di Radio Popolare e Direttore del Festival dei Diritti Umani

ore 13.00 termine dell’incontro

A seguire:

Workshop del Network Roberto Franceschi

ore 14.30-16.30
Presentazione dei risultati delle ricerche finanziate dalla Fondazione Roberto Franceschi Onlus e dalla Fondazione Isacchi Samaja Onlus nel 2015

Convegno organizzato in collaborazione con il Centro Dondena dell’Università Bocconi

 

www.fondfranceschi.it/notizie/padre-carlo-dantoni-un-parroco-colpevole-di-solidarieta-verso-oltre-25-000-migranti/41394/

 

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Ritiro del 18 Settembre 2016

18 Settembre 2016 la comunità di Bosco Minniti si è riunita alla casa si Sara e Abramo per l'intera giornata per un una discussione abbastanza impegnativa nell'ambito spirituale, fattiva, d'impegni per il prossimo periodo nell'apertura dell'anno pastorale.

 

 

di seguito gli allegati del materiale distribuito su cui si è aperta la discussione che continuerà nei prossimi incontri di catechesi

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Catechismo

Fogli riguardanti il catechismo parrocchiale

 

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il concerto neomelodico a Bosco Minniti

Vogliamo riportare nel nostro storicizzare ciò che è avvenuto ultimamente  riguardo un'ultima disavventura del nostro parroco

Scrive Massimiliano Perna

La cronistoria

Massimiliano Perna

La Comunità di Bosco Minniti è un’oasi di accoglienza gratuita e solidarietà umana alla periferia di Siracusa, una parrocchia povera ed essenziale anche nella sua architettura di mattoni grezzi e nel suo crocifisso in legno. È guidata da padre Carlo D’Antoni, un uomo di fede prima che un sacerdote, formatosi sull’esempio dei teologi della Liberazione. In 12 anni ha accolto quasi 20mila migranti e poveri di strada, gratuitamente, senza ricevere alcun contributo pubblico, facendo leva soltanto sullo sforzo volontario di fedeli, amici, laici, sul suo stesso stipendio e sul sostegno della diocesi di Siracusa.  “La chiesa è un portone aperto sulla strada e chiunque soffra o abbia bisogno può entrarvi. Non da ospite ma da padrone di casa”. Questo mi disse la prima volta che lo intervistai.

Il 9 febbraio di quattro anni fa, dentro quel portone aperto è entrato un mandato di arresto, segno tangibile di un’ingiustizia che apparve subito evidente. Padre Carlo fu accusato di aver predisposto false storie personali e false attestazioni di domicilio per i migranti di passaggio a Siracusa. L’accusa sosteneva che i migranti in realtà non abitassero presso la parrocchia ma che, una volta ottenuto il certificato di domicilio, si spostassero altrove per lavorare o per cercare lavoro (da qui la presunzione di falsità dell’atto). Una contestazione assurda, non solo perché per legge al migrante sarebbe sufficiente un recapito nel quale essere rintracciato (cosa che la parrocchia ha sempre fatto), ma anche perché l’elezione del domicilio non presuppone assolutamente la permanenza del migrante, che può liberamente spostarsi sul territorio nazionale. Una prassi legale che seguono tutti, da Sant’Egidio al centro Astalli.

Padre Carlo, dunque, è stato arrestato per un reato inesistente. 38 giorni di domiciliari, prima che il Riesame di Napoli ne disponesse l’immediata liberazione, con l’insolita espressione di perplessità sull’operato dei colleghi della procura di Catania e sul coinvolgimento del sacerdote per quello che ai giudici napoletani risultò chiaro non essere reato.  Il 30 gennaio scorso, dopo quattro anni di udienze rinviate, è arrivata l’assoluzione. Carlo non ha commesso il fatto.

Si conclude così una vicenda che aveva amareggiato non solo la comunità, che mai ha avuto dubbi sull’onestà del parroco e sull’opera di accoglienza svolta, ma anche centinaia di cittadini, intellettuali, uomini di fede che, dall’Italia e dall’estero, hanno indirizzato a padre Carlo fax, lettere e mail di solidarietà e stima. Un appello firmato da artisti, giornalisti, studiosi, scrittori, filosofi ha circolato in rete per tutti i 38 giorni nei quali il prete siracusano è rimasto ai domiciliari. Anche l’indimenticato don Andrea Gallo, nell’apprendere dell’arresto, come raccontò a una scuola catanese in visita nella sua comunità, si mise a piangere per l’ingiustizia commessa ai danni di un uomo di fede come lui.

“Sono stato accusato – dichiara padre Carlo poche ore dopo l’assoluzione – di reati gravissimi, ovvero di aver creato un’associazione a delinquere e che avrei dato un contributo essenziale a tale associazione, consentendo l’elezione a domicilio di diversi stranieri. Mi si accusava di aver tratto un ingiusto profitto predisponendo false storie personali e false attestazioni di domicilio. Sono stato in pratica accusato di essere stato coinvolto in quella parte del campo dove giocano le culture e le persone che da sempre ho osteggiato e condannato, dichiarando guerra aperta, senza diplomazia, senza ipocrisia e senza calcoli di convenienza”.

L’accusa apparve, sin da subito, assurda, priva di qualsiasi fondamento, disorientando tutti coloro i quali conoscevano da vicino quella realtà che da sempre è riparo di poveri di strada, disoccupati, clochard, ex tossicodipendenti e, soprattutto, migranti. “Un numero considerevole di stranieri – afferma il sacerdote – nel corso degli anni e fino a due giorni dal mio arresto, mi è stato accompagnato in chiesa, in modo informale, da personale della polizia di Stato, assistenti sociali, da personale dell’ospedale cittadino, da dipendenti della prefettura, da qualche assessore comunale. All’improvviso è stata calata un’ombra sulla parrocchia che veniva descritta dal pubblico ministero come un paravento per far prosperare i traffici di una associazione a delinquere con me come capo banda. La gente, i volontari, erano annichiliti, oltraggiati. Quello che più mi ha offeso è stato leggere nell’ordinanza che le mie azioni erano finalizzate al ‘prestigio sociale’ di difensore di poveri e padre di derelitti”.

Gli interrogativi sulle ragioni per cui il sacerdote sia stato arrestato per un reato inesistente, sono ancora tutti aperti, soprattutto considerando il modo in cui l’Ufficio Immigrazione della questura di Siracusa, in particolare i suoi dirigenti, si rapportavano alla parrocchia. “Spesso, troppo spesso – afferma padre Carlo – proprio sul senso preciso dell’ospitalità che davo, l’Ufficio Immigrazione mi ha sollevato delle obiezioni artificiose che hanno intralciato la mia azione di soccorso verso gli immigrati. Le chiamo artificiose perché in realtà nascondevano una impreparazione dell’ufficio stranieri della questura di Siracusa a gestire un flusso di utenti che si andava ingrossando continuamente. E più di una volta ho dovuto rivolgermi al ministero degli Interni, dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, per difendere me stesso e i miei ospiti dalle pretese di chi dirigeva l’ufficio stranieri”.

Se a queste parole si aggiungono quelle pronunciate dal legale di padre Carlo, l’avvocato Sofia Amoddio gli interrogativi diventano inquietanti: “L’intero procedimento penale – ha detto – si fonda principalmente su un’interpretazione errata da parte degli organi inquirenti sulla natura delle dichiarazioni di ospitalità firmate da Padre Carlo in favore di numerosi cittadini stranieri richiedenti asilo o protezione internazionale nel nostro Paese. Con il mio arresto – afferma padre D’Antoni – si è cercato di colpire una realtà unica a Siracusa: l’accoglienza a titolo gratuito e per semplice condivisione. Si è colpita una esperienza di popolo, si è cercato di cancellare la cultura dell’inclusione”.

Per fortuna la parrocchia non si è arresa e ha proseguito anche nei giorni peggiori la sua attività volta ad aiutare le persone in difficoltà a rimettersi in cammino, difendendone diritti e dignità. “Mi ha sostenuto l’attestazione di stima che incredibilmente mi è arrivata da ogni parte d'Italia. Meno male, altrimenti sarei sprofondato in un gorgo di solitudine nera proprio nel momento in cui scoprivo di essere indagato quale ‘regista’ di una trama perversa di sfruttamento e perversione”.

Ora che finalmente arriva questa assoluzione piena per un reato che non è reato, passano dinnanzi a chi conosce la Comunità di Bosco Minniti, mille cose, momenti, facce, nomi e cognomi, dolori, lacrime, rabbia, conati di rabbia, una luce accesa di una finestra maledettamente chiusa, il silenzio dell’altare e dei banchi quando la notte si chiudeva il portone della chiesa, mentre i ragazzi, angosciati dalla sorte del loro padre adottivo, dormivano sui materassi, imbacuccati nelle coperte. Certo, è difficile dimenticare, anche dopo quattro anni, il veleno, la malafede, lo squallore di alcuni colleghi giornalisti, la volgare arroganza di alcuni poliziotti, l’ambiguità di certe richieste, l’ossessione, anche telefonica, per alcune interviste rilasciate dai volontari in tv.

Ma ciò che adesso preoccupa padre Carlo è fugare via anche il minimo dubbio sulla sua comunità: “Mi rimane il timore che un’ombra permanga sempre; ovvero che adesso che sono stato assolto, ci sarà qualcuno che possa dire che ‘qualcosa di losco deve essere sicuramente avvenuta senza che padre Carlo se ne accorgesse’. Lasciamo che la magistratura continui a fare il suo lavoro. E stiano tutti tranquilli, perché nella chiesa di Bosco Minniti non è mai accaduto nulla di quanto descritto nelle carte dal pubblico ministero”.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org

Giusto per far capire perché mi hai citato, incollo qui il mio post a cui ti riferisci:

 

"Ci sono mattine che ti svegli e leggi notizie che ti lasciano perplesso. Sia per come si sviluppano che per come vengono raccontate.

Il Corriere, oggi, in un articolo a firma di Felice Cavallaro, tira fuori una storia alla quale, se non conoscessi il contesto, avrei potuto credere.

A Siracusa, in periferia, nella parrocchia di Bosco Minniti, nel campetto sportivo adiacente, un boss e suo figlio organizzano un concerto neomelodico, con tanto di guest star, un rapper palermitano noto per aver scritto una canzone che inneggia ai killer di mafia.

La questura, sollecitata da un membro della commissione antimafia, giustamente monitora e prende nota e alla fine arresta il boss.

Il giornalista, però, tira in ballo il prete, la cui posizione, scrive, viene valutata dagli inquirenti.

Perfetto. Fino a qui tutto ok. Poi, però, si spinge oltre. Quel prete, che da sempre vive accanto agli ultimi della terra, tre anni fa (in realtà ne sono passati sei) fu arrestato con l'accusa di traffico di permessi falsi (l'accusa non era questa..ma vabbè) e poi prosciolto. Adesso sarebbe sotto esame perché il campetto è di pertinenza della parrocchia.

A parte le inesattezze...vorrei sapere cosa c'entra, caro Cavallaro?

Perché non scrivi che il prete in questione è stato arrestato per un reato che non esiste nemmeno nel codice penale, scarcerato dopo 38 giorni con le perplessità trasmesse per iscritto dal tribunale del riesame di Napoli alla procura di Catania per aver coinvolto un soggetto il cui comportamento non risultava né criminoso né illegale? Perché non scrivi che, oltre a essere stato prosciolto, ha ricevuto le scuse dell'accusa e ha pure ottenuto un risarcimento per ingiusta detenzione?

Per quanto tempo, nel raccontare i fatti, una persona deve subire come una macchia quella che è stata una ingiustizia, un errore giudiziario acclarato? Dobbiamo bollare a vita gli innocenti?

Allora, siccome non ne posso più di leggere stronzate, ora vi spiego, se volete ascoltarmi, come stanno le cose. E ve lo posso spiegare meglio di tanti altri colleghi, perché io quella parrocchia e quel prete li conosco. Quella parrocchia l'ho frequentata, quel prete l'ho vissuto e raccontato, lo vivo e lo racconto ancora. Sarò lungo ma vi chiedo la pazienza di leggere.

Bosco Minniti è una zona periferica e in quella zona, in quel quartiere con molti problemi, quella parrocchia è un'isola di umanità. Li si insegnano non i dogmi religiosi, ma la fede nell'uomo. Tanto è vero che ha accolto anche me, che religioso e credente non lo sono mai stato.

Lì si insegna legalità, spesso ci si sostituisce allo Stato, organizzando per bambini e ragazzi disagiati attività che li tolgano dalla strada o dal rischio di divenire manovalanza. Lì si tende una mano ai malati, ai poveri, ai diseredati.

Quella parrocchia ha sempre cercato, attraverso lo sport, la musica, il teatro, le feste di portare luce in mezzo al buio, di portare un po' di fottuta normalità in mezzo a gente spesso dimenticata da tutti.

E se in quella parrocchia ci vivi tutti i giorni, vedi quante persone vengono a chiedere qualcosa da mangiare, i soldi per la benzina o per comprare i pannolini ai figli. Oppure vedi persone che non hanno soldi per organizzare feste di compleanno o cerimonie per i propri figli o parenti.

Carlo, il prete in questione, concede alla gente quegli spazi. Gratuitamente. Anzi rimettendoci il costo della luce. Lo fa perché crede che una festa o un po' di allegria siano qualcosa che la gente, esclusa dai salottini costosi e dagli stomachevoli eventi chic della città, meriti.

Lo fa anche quando chiedono il campo per eventi sportivi, partite, concerti.

Carlo riceve centinaia di persone a settimana. Le conosce di vista o nemmeno le conosce spesso. Sono troppe da ricordare. Lui invece lo conoscono tutti. Ogni volta che andiamo, ad esempio, a cena c'è qualcuno che lo saluta. Spesso sono ex bambini oggi divenuti adulti che non hanno dimenticato le bellissime esperienze quando era prete a Solarino o sempre a Siracusa.

Qualche giorno fa, qualcuno ha chiesto se poteva organizzare un concerto nel campo. Carlo, come sempre, ha detto sì. I visi che hanno chiesto l'autorizzazione erano di quelli che ogni tanto vedi in giro e ti salutano, nulla più.

Come sempre, ha solo chiesto che tutti i documenti (autorizzazioni, SIAE, permessi vari) fossero in regola ed espletati.

C'erano. Stop. Due serate. Una sera concerto, la sera dopo una festa di compleanno.

Carlo ha scoperto il giorno stesso della prima serata, dalla lettura del volantino, che si trattava di musica neomelodica napoletana. Che lui non ama, come non la amo io. Pertanto, si è eclissato e non è nemmeno passato a dare un'occhiata.

Non sapeva che ci fosse quel rapper e nemmeno chi fosse. Non sapeva i contenuti delle canzoni.

Non chiede, come sua abitudine, la fedina penale di qualsiasi persona si rechi in parrocchia per chiedere l'uso di una struttura per musica o sport. Dovrebbe farlo ogni minuto, visto l'afflusso.

Se Carlo ha sospetti su qualcuno o sa chi è quel qualcuno, però, in chiesa nemmeno lo riceve. Lo respinge, con tono fermo. E ho assistito personalmente a scene simili. A rifiuti netti, quando qualcosa non lo convinceva.

Di cosa dovremmo accusarlo? Di ingenuità? No, nemmeno, semplicemente perché non era mai successo nulla di simile fino ad ora.

Invece, a Siracusa, tutte le sere, in estate, in alcuni quartieri, risuonano concerti neomelodici e chissà quanti sono frequentati o organizzati da personaggi poco puliti. Il suolo pubblico viene sempre concesso. Guarda caso. I decibel non li controlla nessuno. Eppure, non ho letto articoli né dichiarazioni di membri della commissione antimafia che chiedono spiegazioni a comune, consigli di quartiere, SIAE, ecc, sul perché si autorizzino certe cose. Se ne accorgono tutti solo adesso che c'è di mezzo questa parrocchia scomoda (scomodissima, perché da sempre accoglie gratuitamente poveri e soprattutto i migranti, quelli che la gente non vorrebbe vedere e avere tra i piedi).

Allora mi permetto di suggerire al collega del Corriere di porsi qualche domanda in più e soprattutto, da bravo giornalista, di interpellare le persone, sentirle, ascoltare la loro opinione, permettere di spiegare, invece di bollare sulla base di un passato nel quale ciò di cui è stato vittima viene utilizzato per identificarlo come colpevole. Questo è un gioco squallido di una categoria, quella giornalistica, che ha sempre meno penne capaci di rispettare l'umanità delle persone e la verità. Una categoria rispetto alla quale mi sento sempre più estraneo".

E' una risposta a proposito di:

Per ora Carlo conclude

"Sicuramente io, d'intesa con la curia della diocesi di Siracusa, farò un comunicato stampa o, forse, una conferenza stampa su questo " scandalo " del concerto nel campetto parrocchiale. Però voglio anticipare qualcosa per rispetto di Massimiliano della cui amicizia mi onoro. E allora, quattro appunti: Mi si chiede di poter disporre del campetto parrocchiale per una festa di compleanno. Poi anche per un'altra serata. La mia risposta è "si" a patto che tutti i permessi siano in regola, si rispettino i timpani della gente e che a mezzanotte si stacchi. Chi mi fa la richiesta ? Persone che conosco di vista. Per me chiunque porta qualcosa di positivo in questa tristissima periferia è bene accetto, anzi, và collaborato perché l'iniziativa gli riesca. Da noi non accade mai nulla. Siracusa finisce ai ponti. Stamattina mi comincia la processione dei giornalisti che vogliono capire "cosa è successo". Tante cose che "non succedono" in questa "non città" non sono mai oggetto di riflessione ed interviste. Ma questa notizia dei concerti invece interessa, c'è un prete di mezzo! La gente avrà di che riempirsi la pancia! Ed ecco allora che si tira fuori anche la notizia dei fatti cominciati nel 2010: è sempre lo stesso prete! Orca miseria, ma allora come la mettiamo...? Buon appetito italica stirpe. Sentiamoci buoni e per una legalità tanto declamata e, Dio solo lo sa, quanto poco praticata, Due cose infine: se avessi saputo ciò che oggi so, non avrei detto di si a quelle due serate. Tanto più che, mi dicono, si pagava un biglietto per entrare (di 15 euro ?). Io non c'ero. Le canzoni napoletane mi sono indigeste infatti. Ma in parrocchia avevo lasciato persone di mia assoluta fiducia: i ragazzi africani. Mi hanno detto ingenuo e mi hanno chiesto se sono pentito. E allora: io la fedina penale non la chiedo a nessuno. Devo saper distinguere tra persone e persone? Cerco di farlo ma non sono lo Spirito Santo. E se devo sbagliare, preferisco sbagliare per troppa generosità e non per ristrettezza di mente o di cuore. Mi dispiace che i giornalisti italiani parlino di Bosco Minniti e del suo parroco solo quando può interessare la cronaca nera oppure quando gli servono delle note "di colore". Meno male che ci sono altri giornali che indagano, approfondiscono, chiariscono (negli ultimi due mesi sono venuti El Globo, New York Times, televisioni dalla Germania, Svizzera, Spagna e Olanda). E abbiamo parlato di cose positive e anche negative, ma sempre in chiave di ricerca della vera realtà. In ogni caso, a tutt'ora non mi risulta che ci sia alcuna indagine nei miei confronti". (Padre Carlo D'Antoni)

 

 

 

Nino Galloni - Ci fanno credere che ci sia una crisi!

 

Un discorso del prof. Nino Galloni a Maggio del 2016 al senato

"Come è possibile che si parli di crisi se non c'è nessuna scarsità reale delle risorse produttive, delle materie prime, dell'approvvigionamento, dei prezzi, dei costi o delle quantità nell'economia globale? Noi "crediamo" che ci sia una crisi economica, ma non è così: la crisi è solo una crisi di consapevolezza!".

L'intervento dell'economista Nino Galloni, già direttore generale al Ministero del Lavoro, alla conferenza stampa di presentazione del partito "Alternativa per l'Italia" (ALI) che ha un programma interamente votato al recupero della sovranità (monetaria e giuridica in primis) e al ripristino del dettato costituzionale, insieme a una rivoluzione del sistema bancario e del bilancio dello Stato.

 

Nino Galloni è figlio di Giovanni, esponente della Democrazia Cristiana e Vicepresidente del CSM, si laurea in Giurisprudenza nel 1975 e diventa ricercatore presso l'Università di Berkeley nel 1978. A Berkeley ha svolto una ricerca sotto la guida del professor Richard Webster che e stata pubblicata con contributo CNR.

Tra il 1980 e il 1987 è collaboratore dell'economista post-keynesiano Federico Caffè (che considererà suo maestro) nella facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Roma, e dal 1987 al 1999 insegna alla Luiss di Roma, all'Università degli Studi di Roma, all'Università Cattolica del Sacro Cuore, all'Università di Modena, e all'Università di Napoli.

Galloni è stato Direttore generale, al Ministero del Lavoro alla Cooperazione, dell'Osservatorio sul Mercato del Lavoro, Politiche per l'Occupazione Giovanile e Cassa Integrazione Straordinaria nelle grandi imprese, sindaco all'INPDAP, e all'OCSE. Dal 2010 al 2015 è membro effettivo del collegio dei Sindaci dell'INPS] e dal 2015 all'INAIL. È Presidente fondatore del Centro Studi Monetari, un'associazione per lo studio dei mercati finanziari e delle forme di moneta emettibili senza creare debito pubblico.

I suoi numerosi saggi affrontano in particolare tematiche riguardanti il mercato, la finanza, e la sovranità monetaria, soprattutto in relazione alle politiche nazionali italiane ed europee. In essi, Galloni evidenzia le sue posizioni critiche riguardo all'attuale equilibrio economico dei Paesi dell'Eurozona e insiste sulla fase di recente deindustrializzazione dell'Italia, a partire dagli anni Ottanta. A suo avviso le difficoltà dell'Euro potrebbero prevedere il ritorno alla sovranità monetaria nazionale per l'Italia e le altre nazioni europee, nel caso in cui l'Europa attuale si rivelasse incapace di ridistribuire efficacemente le sue risorse finanziarie. Galloni afferma la necessità di un ritorno alla separazione netta tra gli Istituti operanti nel credito rivolto ai soggetti dell'economia reale (anche di tipo pubblico, come le infrastrutture, la ricerca pubblica, eccetera), e i soggetti finanziari che operano sui mercati speculativi, ovvero negli scambi economici puramente finanziari (in particolare in due modi: con la reintroduzione dello Glass-Steagall Act e con l'introduzione di monete complementari). Nelle sue conferenze ed opere ha più volte ribadito il concetto di valutare diversamente le semplici irregolarità negli adempimenti amministrativi dei cittadini rispetto alle vere e proprie grandi irregolarità (che rientrano nell'illegalità). Mentre, nelle prime, lo Stato deve assumere un ruolo attivo aiutando il cittadino nei propri adempimenti amministrativi, le irregolarità più rilevanti vanno punite, per creare una dinamica virtuosa di collaborazione tra Stato e cittadino. Si è detto inoltre scettico sulla sostenibilità della decrescita felice perché essa richiederebbe una riduzione maggiore nella popolazione che nella produzione.

 

 

LA VERITÀ SULLE BANCHE: CHI CREA DAVVERO I SOLDI?

In questa intervista Nino Galloni spiega come funziona la contabilità bancaria. Chi crea davvero il denaro? La banca, quando eroga un prestito, o il cittadino, quando con il suo lavoro deposita i soldi? Quanto guadagna davvero una banca? Se io chiedo 200 mila euro in prestito e poi ne restituisco solo 20 mila, la banca ne ha avuto una perdita o solo un mancato arricchimento del 90% (ma si è arricchita di 20 mila euro)?
Infine, lancia una sua personale proposta di rivoluzione della contabilità delle banche, che ridurrebbe la tassazione dei cittadini alla metà, creerebbe piena occupazione e rilancerebbe lo Stato sociale.